Divieto di aumento delle aliquote IMU e TASI: illegittimo l’aumento anche se deliberato dal Comune

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La materia tributaria non è certamente semplice, vuoi per la varietà dei tributi esistenti che costringe ogni contribuente a destreggiarsi tra plurime scadenze, vuoi a causa delle continue modifiche normative cui il legislatore ci sta abituando negli ultimi anni.

In questo groviglio, si ritiene utile fare chiarezza su alcuni aspetti e, nello specifico, sulle ultime novelle legislative in tema di TASI e IMU con riferimento alla determinazione delle rispettive aliquote.

Preliminarmente si ricorda che la TASI è un’imposta che i Comuni richiedono a copertura dei costi per spese da sostenere per i servizi di pubblica utilità (come quelle per l’illuminazione stradale, la manutenzione dei giardini, gli asili, le scuole), insieme a IMU e TARI compone la cosiddetta Imposta unica comunale istituita inizialmente dalla Legge di Stabilità per il 2014.

L’IMU è invece l’Imposta Municipale Unica, un’imposta diretta di tipo patrimoniale che si applica alla componente immobiliare del patrimonio, creata in sostituzione dell’ICI, e che include anche parte dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche (la cosiddetta IRPEF).

Presupposto della TASI. Il presupposto oggettivo per l’applicazione della TASI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di fabbricati ed aree edificabili ivi compresa l’abitazione principale. Fanno eccezione i terreni agricoli. In caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria. Con il decreto “Salva Roma” n. 68/2014 non sono più escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali imponibili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.

I soggetti. Soggetto attivo della Tasi è il Comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili e che, quindi, hanno il potere impositivo di accertamento, riscossione e controllo; soggetto passivo è colui sul quale viene effettuato il prelievo tributario e responsabile del pagamento del tributo. Il tributo è dovuto da coloro che posseggono o detengono locali o aree scoperte edificabili nel territorio comunale con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali e le aree stesse. Soggetto passivo, quindi, è chiunque possegga o detenga l’immobile, però assumendo rilievo sul piano giuridico anche l’eventuale inquilino che abbia locato l’immobile. Infatti, quest’ultimo dovrà versare una percentuale che potrà oscillare in base alla decisione dei comuni dal 10% al 30% (salvo sia l’abitazione principale).

Come per l’IMU, anche la TASI è esclusa per la prima abitazione, con un rimando alla disciplina che regola il funzionamento dell’IMU (e precisamente all’art. 1 c. 669 legge 147/2013).

Commisurazione e tariffe. La base imponibile della Tasi è quella prevista per l’applicazione dell’imposta municipale sugli immobili denominata “IMU”.

Svolta questa premessa, venendo alla questione in esame in punto di calcolo delle aliquote TASI, la l. n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016) ha introdotto rilevanti novità: a mente dell’art. 1, comma 28, prevede l’impossibilità per gli enti locali di incrementare il livello dei tributi di propria competenza rispetto alle aliquote deliberate nel 2015 anche per l’anno 2016 e 2017 (salva l’eccezione di cui si dirà infra); per le situazioni assoggettate dalla delibera comunale ad una maggiore tassazione, il contribuente è autorizzato ad applicare la delibera 2015.

La legge disciplina inoltre l’applicazione in via straordinaria della maggiorazione TASI dello 0,8 per mille (di cui al comma 677, art. 1 l. n. 147/2013), applicabile solo nei Comuni che l’hanno già adottata nel 2015. Se il Comune non ha deliberato nulla per il 2016, la maggiorazione non è dovuta, poiché a tal fine occorreva adottare un espresso atto consiliare.

Sul punto è intervenuto con una recentissima sentenza il TAR del Lazio- Roma del 9.1.2018 n. 140.

La sentenza, ricostruendo i disposti normativi citati, osserva che per il 2016 è intervenuto l’art. 1 comma 28 della l.n. 208/2015, per cui “Per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi dei commi da 10 a 26 del presente articolo, i comuni possono mantenere, con espressa deliberazione del consiglio comunale, la maggiorazione della TASI di cui al comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella stessa misura applicata per l’anno 2015. Per l’anno 2017, i comuni che hanno deliberato ai sensi del periodo precedente possono continuare a mantenere con espressa deliberazione del consiglio comunale la stessa maggiorazione confermata per l’anno 2016”.

Ebbene, l’art. 1, comma 28 in questione consente ai Comuni di applicare, successivamente al 2015, la maggiorazione della TASI dello 0,8 per mille a due condizioni:

  • per l’anno 2016, a condizione che la maggiorazione sia stata applicata nell’anno 2015 ed espressamente confermata per l’anno 2016 con apposita deliberazione consiliare;
  • per l’anno 2017 a condizione che la maggiorazione sia stata applicata nel 2015 ed espressamente confermata con deliberazione consiliare sia nel 2016 che nel 2017.

L’efficacia della nuova aliquota è però soggetta ad altre due condizioni perché questa possa applicarsi sin dal 1° gennaio dell’anno di imposta di riferimento:

  1. a) l’approvazione delle aliquote TASI deve infatti avvenire, secondo il meccanismo delineato dall’art. 1 comma 169 della l.n. 296/2006, entro un determinato termine, che nel caso di ripristino degli equilibri finanziari è quello del 07 di ciascun anno;
  2. b) le deliberazioni dei Comuni di determinazione delle aliquote TASI decorre dalla data di pubblicazione nel sito finaze.it, che deve avvenire entro il 28.10 (con trasmissione da parte dei Comuni al MEF esclusivamente in via telematica e comunque entro il 14.10).

I termini sopra riportati sono termini riconosciuti perentori dalla costante giurisprudenza (cfr. ex multis, Cons. St., se. IV, 7.10.2016 n. 4434 e sez. V, 17.07.2014 n. 3808).

Il mancato rispetto delle condizioni e dei termini sopra delineati inficia le deliberazioni comunali di approvazione delle aliquote TASI, che quindi possono essere dichiarate illegittime dal Giudice amministrativo (come si dirà meglio poco oltre): in questo caso, non si ha la conservazione del livello impositivo precedente, ma, nella particolare ipotesi in questione della c.d. maggiorazione straordinaria, l’inapplicabilità per l’anno impositivo di riferimento della maggiorazione, ancorchè prevista per il 2015, e la definitiva perdita per il Comune della facoltà di disporne l’applicazione per l’anno successivo di imposta 2017.

Con riferimento all’anno 2018 non sono previste allo stato estensioni di questo particolare sistema delineato; vedremo quali novità verranno adottate con le leggi di fine anno.

Si segnala che con la Risoluzione n. 2/DF del 29 maggio 2017 il Dipartimento dell’Economia e delle Finanze ha fornito alcuni chiarimenti circa il blocco dell’aumento dei tributi locali, previsto dall’art. 1, co. 26 della Legge 208/2015 per l’anno 2016, e prorogato dalla legge di bilancio 2017 anche per l’anno 2017.

Veniamo al contenzioso.

Come per gli altri tributi, anche per la TASI (cui viene riconosciuta la prevalenza della natura tributaria), i procedimenti contenziosi si distinguono a seconda che l’impugnazione da parte del soggetto riguardi: a) gli atti deliberativi di approvazione delle tariffe o regolamenti; b) gli atti di natura tributaria (accertamenti, riscossione ecc.).

In ordine al primo tipo di contenzioso, per la relativa impugnazione il contribuente non deve attendere la notifica dell’avviso di accertamento o cartella esattoriale, ma deve proporre ricorso innanzi al TAR per i vizi di legittimità (incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, sviamento), nel termine di 60 giorni decorrenti dal primo giorno successivo al periodo di pubblicazione della deliberazione comunale. In via alternativa, il ricorrente può impugnare le deliberazioni regolamentari e tariffarie con ricorso straordinario al Capo dello Stato entro 120 giorni, decorrenti dal primo giorno successivo al periodo di pubblicazione della deliberazione comunale.

Riguardo, invece, agli atti di natura tributaria, il contenzioso viene svolto dinanzi alle Commissioni tributarie. Il termine perentorio per poter proporre ricorso è di 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato.

Ai sensi del d.lgs. 546/1992 la competenza alle Commissioni tributarie è attribuita per tutti i tributi di ogni genere e specie “comunque denominati”, per l’effetto dei quali vengono colpite manifestazioni di capacità contributiva quindi non solo i tributi 2comunque denominati”, ma tutte le tipologie impositive (canoni e/o tariffe) che non solo rientrano nella competenza esclusiva degli enti locali ma che, addirittura, sono prive della connotazione “fiscale”.

 

Avv. Simona Motta