L’assistenza legale in mediazione

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L’OBBLIGATORIETA’ DELL’ASSISTENZA LEGALE IN MEDIAZIONE AI SENSI DEL D.LGS. 28/10 COME MODIFICATO DALLA LEGGE 9 AGOSTO 2013 N. 98

 

Come noto, il 21 settembre 2013, seguendo l’interpretazione letterale della frase “decorsi trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto”, entra finalmente in vigore il D.Lgs. 28/2010 così come modificato dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, che ha convertito il D.L. n. 69 del 21 giugno 2013.

Tra le altre novità, una di quelle forse più interessanti è quella inserita dall’introduzione del comma 1 bis dell’art. 5[1], e dalla modifica dell’art. 8[2], che introduce l’obbligo dell’assistenza dell’avvocato, durante l’intera procedura di mediazione.

Si tratta di una misura introdotta forse (senza voler pensare male) per accontentare la categoria che ha, più di tutti, anche se non nella sua interezza, combattuto la condizione di procedibilità? Oppure di una norma intesa a garantire nel miglior modo possibile la parte che viene in mediazione?

Quale che sia la soluzione, la norma introduce una serie di problematiche che andranno affrontate dagli operatori della mediazione, a partire già dal primo incontro.

La prima domanda che ci si pone è cosa accade se la parte si presenta senza avvocato, e non si tratta di una questione banale come potrebbe sembrare. Intanto, a mia modesta opinione, l’introduzione di questa norma stravolge quello che è lo spirito della mediazione, anche alla luce dell’esperienza dei paesi, come quelli anglosassoni, che prevedono per il suo svolgimento l’assoluta libertà di forme e la mancanza di formalismi, che possono portare alla sua processualizzazione.

Per questo motivo, la situazione ideale, sempre secondo il mio parere, sarebbe quella in cui le parti presenziassero senza avvocati, ma visto che la legge stabilisce il contrario, è chiaro che questa, con la normativa attuale, costituisce una situazione anomala e da affrontare.

La norma è chiara al riguardo, dato che essa stabilisce che le parti “devono” partecipare con l’assistenza dell’avvocato, almeno per quanto riguarda le materie in cui è prevista la condizione di procedibilità. In questi giorni, molti organismi si stanno ponendo la domanda su cosa fare se la parte si presenta senza avvocato, e addirittura alcuni si chiedono se sia possibile prevedere, nel regolamento, la possibilità per le parti di rinunciare alla presenza dei legali.

Vanno esaminati, a mia opinione, tre articoli. Il primo è l’art. 5, comma 1 bis, il quale statuisce che “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di…..è tenuto, assistito dall’avvocato..”; il secondo è l’art. 8, come modificato, che recita “Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato”; infine, l’art. 12[3], che stabilisce che “Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale”.

Per quanto riguarda la prima previsione, ritengo personalmente che essa vada interpretata nel senso che essa si riferisca esclusivamente alle materie in cui il tentativo di conciliazione è obbligatorio. La norma, nella confusione generale che pervade il Decreto Legislativo come modificato, tanto che attendiamo tutti un Decreto Ministeriale che faccia chiarezza su alcuni punti, sembra essere abbastanza chiara. L’espressione usata non sembra lasciar dubbi sul fatto che la parte che intenda iniziare una mediazione, nelle materie in cui è prevista la condizione di procedibilità, debba farlo con l’assistenza (non con la rappresentanza) dell’avvocato. Ovviamente, questa previsione è estensibile anche alla parte chiamata, altrimenti non avrebbe senso. E’ però da ritenere, come detto, che si riferisca solo alle materie in cui vige l’obbligo, anche perché altrimenti sarebbe a forte rischio di incostituzionalità.

L’assistenza, ai sensi dell’art. 8, deve esserci durante tutta la procedura di mediazione, dal primo incontro a quelli successivi, fino al termine della procedura.

Come detto, a mio parere questa previsione riguarderebbe, in teoria, solo le materie per le quali è prevista la condizione di procedibilità. La formulazione dell’art. 8, però, lascia campo a dei forti dubbi, in quanto mancante del riferimento all’art. 1 bis. Pertanto, credo che, almeno fino all’emanazione di un Decreto Ministeriale che, auspichiamo, possa chiarire i dubbi, anche nelle mediazioni volontarie sia preferibile, che le parti siano assistite dall’avvocato.

A mio parere, però, le parti, nelle mediazioni volontarie, adeguatamente informate dall’Organismo, possono sottoscrivere un documento in cui dichiarino di rinunciare all’assistenza dell’avvocato, consentendo così il regolare svolgimento della procedura. Sostenere il contrario, vorrebbe dire porre un limite all’autonomia negoziale delle parti.

Ciò detto, dobbiamo prendere in considerazione l’ipotesi di una mediazione c.d. obbligatoria, in cui le parti si presentino senza l’avvocato. Si è già acceso un forte dibattito al riguardo: la mia personalissima opinione è che non si possa procedere, nemmeno nel caso in cui entrambe le parti dichiarino di voler rinunciare all’assistenza del legale. Se il mediatore dovesse procedere, si andrebbe incontro alla forte possibilità di mancata omologa del verbale, e certamente al mancato superamento della condizione di procedibilità, con tutte le conseguenze del caso, anche per il mediatore e per l’organismo.

A mia opinione, il mediatore ha l’unica possibilità di rinviare l’incontro, anche al giorno seguente, invitando le parti a nominare un legale per l’assistenza, come prevista dalla legge.

Alcuni organismi stanno pensando di fornire una sorta di servizio alle parti che si trovino in questa situazione, tramite la redazione di un elenco di avvocati disponibili ad assistere le parti che se ne trovino sprovviste. Al riguardo, mi pare di poter individuare diversi aspetti da considerare attentamente. Prima di tutto, ritengo che, ove quest’idea fosse realizzata, si dovrebbe garantire che i legali iscritti in questo elenco non abbiano – ovviamente – alcun tipo di rapporto con l’organismo, di tipo economico ma non solo. Essi dovrebbero poi impegnarsi, per ovvi motivi deontologici e di incompatibilità, a non depositare le istanze dei loro clienti presso lo stesso organismo.

Si pone poi il problema delle tariffe. Essendo una sorta di “avvocato d’ufficio”, quale tariffa dovrebbe applicare? Ed è giusto costringere una parte a pagare un legale per andare in mediazione quando la parte stessa preferirebbe non essere assistita? Queste sono tutte problematiche che il nostro legislatore avrebbe dovuto considerare. Non avendolo fatto, non possiamo che cercare di  considerare tutte le ipotesi e attendere di vedere, in pratica (oltre al D.M.) eventuali soluzioni giurisprudenziali.

Tornando all’art. 8, notiamo che esso parla di assistenza dell’avvocato, e non di rappresentanza, e che statuisce anche che le parti devono partecipare personalmente, a mia opinione, pur se con la suddetta assistenza. Ancora, esso prevede che gli avvocati devono essere presenti al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura. Si desume, quindi, che anche la mancata presenza dell’avvocato a un solo incontro rischia di invalidare l’eventuale accordo, o comunque lo espone alle conseguenze del rischio di mancata omologa o di non superamento della condizione di procedibilità.

Infine, dobbiamo esaminare l’art. 12 del novellato Decreto Legislativo 28 del 2010.

Come abbiamo detto, esso prevede che ove tutte le parti siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti stesse e dai legali, assume direttamente efficacia esecutiva, senza necessità di omologa, e che gli avvocati attestano (assumendosene il rischio) la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In seguito, si dice che “In tutti gli altri casi, l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del Presidente del Tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico”.

Quest’articolo si pone in apparente contraddizione con quelli esaminati in precedenza e si sta già prestando alle più varie interpretazioni. Infatti, il fatto stesso che dica “ove siano state assistite”, potrebbe far pensare che non sia necessario che le parti siano sempre accompagnate dal legale e quindi corroborare l’ipotesi per cui l’assistenza del legale sia obbligatoria solo per le materie in cui vi è la condizione di procedibilità.

Vi è poi, nello stesso articolo, un’altra espressione dal dubbio significato. Infatti, dopo aver statuito che l’accordo sottoscritto (e garantito) dagli avvocati costituisce titolo esecutivo, si parla di altre ipotesi (“In tutti gli altri casi”), in cui l’accordo è omologato, su istanza di parte, dal Presidente del Tribunale.

La norma è, evidentemente, ancora una volta poco chiara, tanto che si discute già sulla sua interpretazione.  Cosa significa, infatti, l’espressione “in tutti gli altri casi”? Si riferisce all’eventuale assenza degli avvocati oppure alla loro decisione, per i più svariati motivi, di non firmare l’accordo attestandone la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico? In questo caso, mi riesce francamente difficile ipotizzare, da parte dei legali delle parti, una loro certamente attiva e proficua collaborazione nel raggiungimento e nella stesura di un accordo che poi essi stessi ritengano essere contrario a norme imperative o all’ordine pubblico. Credo quindi che il legislatore si riferisse all’eventualità, che come ho detto pare sussistere solo per le mediazioni volontarie, in cui gli avvocati non siano presenti.

Per chiarire tutti questi dubbi, è comunque necessario attendere il D.M. e probabilmente, le prime interpretazioni giurisprudenziali.

 

Le attività di assistenza dell’avvocato alla luce delle nuove norme.

Le attività di assistenza del legale sono varie, e tutte assai importanti, tanto da far ritenere che il legislatore abbia cristallizzato quella che comunque era già una prassi. Posso dire, al riguardo, che nella mia esperienza di mediatore è accaduto assai raramente che una parte si sia presentata senza avvocato.

La prima attività è  quella di verificare se la questione  che gli viene posta rientri fra le materie per le quali l’esperimento del procedimento di mediazione è previsto quale condizione di procedibilità. Il legale dovrà poi scegliere, con la massima obiettività e attenzione possibili, esaminando anche i regolamenti, l’organismo di mediazione presso il quale presentare l’istanza; indi, dovrà provvedere a redigerla nel modo più completo possibile, allegando la documentazione necessaria, e specificando se sia riservata al mediatore o meno. In vista dell’incontro, è poi spesso consigliabile inviare una breve memoria; analogamente, il legale della parte chiamata dovrà preparare l’adesione, depositare documentazione e, a mia opinione, una memoria in cui riassumere brevemente i fatti e la posizione del suo cliente.

Durante la preparazione dell’incontro, il legale svolgerà un ruolo di fondamentale importanza, a maggior ragione alla luce della nuova normativa. Durante tale fase, l’avvocato dovrà spiegare alla parte la natura della mediazione e la procedura, prepararla al ruolo del mediatore, far emergere eventuali interessi specifici del proprio cliente, anche estranei alla controversia portata in mediazione, utili ai fini della conciliazione della lite e, infine, anche alla luce di ciò, pianificare la strategia negoziale e il tipo di approccio da adottare nell’incontro.

Durante l’incontro, il legale dovrà esporre i fatti e la posizione del cliente, cercando come detto di far emergere i suoi reali interessi, in modo tale da rendere possibile l’accordo.

Pertanto, l’avvocato non dovrà commettere l’errore di cercare di convincere il mediatore della fondatezza delle ragioni del proprio cliente, anche perché il mediatore non ha alcun potere decisionale, ma dovrà piuttosto impegnarsi affinché le parti raggiungano una soluzione condivisa.

Abbiamo quindi una sostanziale differenza rispetto al ruolo che l’avvocato è chiamato a svolgere in un ordinario processo civile. Se in giudizio, infatti, il legale si dovrà preoccupare di dimostrare al giudice la fondatezza delle argomentazioni del proprio assistito (puntando al pieno accoglimento delle domande formulate), in mediazione l’avvocato dovrà invece cercare di convincere non un giudice, né il mediatore (che giudice, appunto, non è) quanto, piuttosto, la controparte e il legale che l’assiste e ciò unicamente alla ricerca del miglior risultato possibile per entrambe le parti.

 

L’esito della mediazione

 In caso di esito positivo della mediazione, il mediatore redigerà un verbale di accordo, al quale normalmente viene allegato, salvo casi estremamente semplici, l’accordo vero e proprio.

Tale accordo – riconducibile all’autonomia negoziale delle parti e non certo all’autorità decisionale del mediatore – non potrà che essere qualificato come un vero e proprio contratto di transazione. Ebbene, tenuto conto della sua idoneità a produrre specifici effetti nella sfera giuridica delle parti, considerato che lo stesso potrebbe essere eventualmente trascritto e avendo riguardo altresì al valore di titolo esecutivo attribuitogli dal legislatore, soprattutto in caso di sottoscrizione dei legali, appare evidente che l’accordo amichevole – soprattutto nel caso in cui il mediatore non sia un giurista – potrà essere meglio predisposto con l’ausilio degli avvocati delle parti (se non dagli avvocati stessi) e ciò al fine di assicurare che il suo contenuto ben rifletta l’effettiva volontà dei litiganti e risulti idoneo a produrre gli effetti voluti.

Qualora l’accordo non venga spontaneamente raggiunto dalle parti nel corso della procedura conciliativa, il mediatore potrà decidere di esercitare il potere attribuitogli dal legislatore: egli potrà, infatti, decidere di formulare o meno una propria proposta di accordo informando, nel contempo, le parti stesse delle conseguenze che il loro rifiuto potrebbe produrre sulle spese processuali relative ad un eventuale successivo giudizio.

Nel caso in cui ne facciano concorde richiesta entrambe le parti, il mediatore sarà invece obbligato a formulare una proposta conciliativa. In ogni caso, il mediatore dovrà comunicare per iscritto la propria proposta alle parti e, in mancanza di risposta entro i successivi sette giorni, la stessa dovrà intendersi rifiutata. Là dove, invece, la proposta venisse accolta dovrà redigere un processo verbale che dovrà essere sottoscritto da lui stesso e dalle parti; in questo caso il mediatore potrà certificare l’autografia della sottoscrizione delle parti ovvero la loro impossibilità a sottoscrivere.

Anche di fronte ad una proposta del mediatore, l’assistenza di un avvocato potrebbe rivelarsi assai utile poiché, come sopra evidenziato, un giurista saprebbe meglio indirizzare la parte sulla scelta da effettuare tenendo adeguatamente conto delle varie alternative e delle relative conseguenze giuridiche (soprattutto per ciò che concerne, ai sensi dell’art. 13[4] del d.lgs., cit. il regime della condanna alle spese nel successivo ed eventuale giudizio). Tutto ciò senza considerare che il legale stesso potrebbe indicare al mediatore (ad esempio, nella risposta) eventuali piccoli correttivi e/o modifiche che potrebbero meglio riflettere, sul piano giuridico, gli effetti derivanti dall’eventuale accordo.

[1] 1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La presente disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data della sua entrata in vigore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.

[2] 1. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda.  La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari

[3]   1. Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico.

[4] 1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4.

  1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.
  2. Salvo diverso accordo, le disposizioni dei commi e 2 non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.
[1]   1. Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico. [1] 1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4.
  1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.
  2. Salvo diverso accordo, le disposizioni dei commi e 2 non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.

 

Avv. Luca Tantalo (Roma)